.Articolo
del Corriere della Sera del 02/12/1932 di Orio Vergani trascritto
integralmente dall'originale concesso dalla redazione del Corriere a P.Di
Berardino
«SOTTO
Il SEGNO DEL PETTINE»
Mattinata
alla cerca del tesoro
Pietranico,
novembre.
Può accadere di tutto, al cronista. Anche di dover,
una mattina di
novembre, partire in caccia di un tesoro,
per un paese piccolo, tanto
piccolo che non lo segnala
nemmeno la guida del Touring, tanto piccolo che non
lo conoscono neppure i
portieri e gli inservienti del principale albergo della regione, tanto
piccolo che, per essere sicuri che esiste, bisogna chiedere informazioni
alla Posta.
Pietranico, paesino che scopriremo dopo lungo peregrinare, in cima
a un colle. Pietranico, che non si sa se ha l’accento sulla penultima o
terzultima sillaba. Pietranico che non
ha mai avuto storie,
che non ha monumenti, che non ha
vecchi palazzi baronali - forse è un paesetto felice - Pietranico che, a
dire all'autista
di portarvi
lassù, vi pare
d'esser guardati con
sospetto. Pietranico
che, come tutto capitale ha solamente un panorama, ha invece una
cosa che forse
nemmeno ce l'ha una grande città.
Che sia fratello, Pietranico, di Rio Bo, il paesino della poesia di
Palazzeschi'? Anche Rio Bo è un paese piccolino, con tre case dai tetti
aguzzi, un campanile, un cipresso, un ruscello... ma nel suo cielo brilla
una stella « che
nemmeno
ce l'ha - una grande città».
Rio Bo una stella, Pietranico un tesoro nascosto.
Se a Rio Bo è andato un poeta,
a Pietranico può andare un cronista.
Un mestiere
imbarazzante
Accanto alla figura
del « nasconditore di tesori»
bisogna collocare quella del « ricercatore di tesori ».
Il primo costruisce, il secondo demolisce. Il primo copre le fosse,
il secondo le
scava. Il primo, a
forza di calcina, cerca
di rendere mute le muraglie forate. Il secondo, battendoci sopra con le
nocche, cerca di farle parlare.
Sono eguali, i
due personaggi, in una cosa sola:
nel non dar confidenza a
nessuno. Nasconditore di tesori si nasce, ricercatori di tesori si
diventa. In principio il ricercatore è quasi sempre un incredulo.
Occorre che l'idea lavori lentamente in lui, prima che, armato di vanga o
di piccone, si decida a compiere il suo bravo sopraluogo. Sono prove
imbarazzanti, che bisogna fare con aria di niente, per non attirare
l'attenzione del vicinato. Non è sempre facile fingersi dilettante
muratore o dilettante contadino.Confessare che si cerca un tesoro? Ci si
fa prendere per matti, o si attirano centinaia di concorrenti. Bisogna dar
tante spiegazioni, mostrare i documenti, magari rispondere ai carabinieri.
Non dev'essere facile il mestiere di ricercatore di tesori. Se ne ha una
riprova. Dei mille abitanti di Pietranico nessuno si decide a diventarlo.
Pescara, San Giovanni Teatino, Chieti, Bivio di Manoppello, San
Valentino, Caramanico, Piano d'Orta, Torre de' Passeri, questo è
l'itinerario per andare a cercare il tesoro di Pietranico. La giornata
è fresca e nebbiosa. Mi pare sia il clima indispensabile per una
ricerca romantica. Cercar tesori in una giornata mite e serena? Nei
romanzi non si usa. In mancanza di una notte cupa e temporalesca, questa
nebbia è quel che ci vuole. La Majella se ne è velato il gran volto.
Chieti, sul colle, è quasi invisibile. I contrafforti del Gran Sasso,
invisibili anch'essi. La strada è lunga, distratta, assonnata. Sembra
vada girando qua e là, senza meta. Ogni tanto si incontra una donna, con
una grande conca di rame in testa. E' andata alla fonte, e torna a casa.
Sulle tegole dei tetti dormono, rosse e gialle, le zucche. Dai piccoli
davanzali pendono festoni porporini di pomodoro. La terra è arata e
vangata in tutti gli angoli, bruna nella giornata grigia.
[Io la faccia del cercatore di tesori? Non me lo ero mai chiesto, ma
forse ho la vera, l'autentica faccia del cercatore di tesori. Sono il
primo tipo del genere che giunge a Pietranico, ma mi riconoscono subito.
Il paesello è piccolo, quattro case in cima a un colle sperduto, quattro
vicoli scoscesi e sassosi. Sulle soglie ci stan soltanto le galline, che
levano l'occhio curioso. Un vecchio cane scodinzola, laggiù. Il silenzio
è grande, la quiete altissima. Pietranico pare disabitata, la vita se ne
è andata per sempre dalle sue vecchie pietre, dalle sue soglie logore,
da1le sue finestre deserte. Pare il luogo ideale per nascondervi o
ricercarvi tesori.
Bisogna cercar la vecchia chiesa,
l'altare diroccato, il campanile. Dev'essere a un passo di qui. Ma la
scena si è popolata all'istante, come nella vecchia opera quando entra
il coro, come nella Sonnambulo quando arriva il Conte che viene a
«ravvisare i luoghi ameni». Come può giungere inosservata
un'automobile a Pietranico? Come può scendere inosservato un «forestiero»?
Inutile, inutile darsi delle arie inoffensive di turista e domandare, come
se si trattasse di una semplice curiosità, dov'è la chiesa di San
Michele e Santa Giusta. Si era rivolta la parola a quello che pareva
l'unico abitante di Pietranico. Dopo un secondo, ne appaiono, in ordine
sparso, altri cento. Da ogni vicolo, da ogni porta, da ogni scorciatoia,
silenziosi, dubbiosi in volto, lo sguardo pieno d'interrogativo, ecco
avanzare gli abitanti del paese, tutti quelli liberi in questo momento
dal lavoro dei campi. Solamente le donne non vengono. Stanno alle soglie
e ai davanzali. Si faranno raccontare quando il forestiero se te sarà
andato. Si parlerà molto di me, e per parecchi giorni, a Pietranico.
|
La foto
del 1925 che ritrae l'altare maggiore dell'antica chiesa
(XI-XII sec.) abbattuta nel 1933. Da
una connessura è venuto fuori un pezzo di carta, ingiallatissimo,
scritto da una vecchissima calligrafia ancora leggibile datato 1722.
Della vecchia Chiesa è rimasta sola la base del campanile
che è stata inglobata nella nuova costruzione parrocchiale. |
L'antico documento rivelatore
E' un
milanese, uno dei tanti milanesi d'adozione, - ce n'erano anche allora, -che dopo due secoli, ha fatto parlare del tesoro di Pietranico. Venne
quassù, nel 722, Lorenzo Bossi a costruire il nuovo altare della
chiesetta parrocchiale di Pietranico, tirata su con le pietre di un
vecchio castello diroccato. Fece tutto il suo lavoro secondo le regole
d'arte del tempo, con le sue cornici a stucco, le colonne policrome a
tortiglione, l'architrave barocco. Certo passò quassù qualche mese, tra
questa gente semplice, cordiale e ospitale di contadini e pastori. Respirò
l'aria fine ?Abruzzo, guardò il profilo azzurro della Majella, mangiò la
«scamorza» o il capretto arrosolato sugli spiedi rusticani. Poi se ne
andò, verso altre chiese, verso altri altari. Il suo nome era stato
dimenticato, dimenticatissimo. Duecentodieci anni erano passati. Anche a
Pietranico si ha bisogno di qualche novità e si scoprì, un giorno, che
la vecchia chiesa doveva essere rifatta. Occorreva darle una facciata, con
una porta che si aprisse sulla piazzetta e non sull'antico vicolo
abbandonato, dove adesso si ammucchiano le fascine e razzolano i polli.
Vennero i muratori, incominciarono a lavorare. Portati via le immagini
sacre, il confessionale, una statua di terracotta, i pochi arredi, i
gonfaloni, il cataletto, su cui in due secoli, son passati tutti i morti
del paese, si è dato mano ad abbattere l'altare maggiore, perché lì si
dovrà aprire la porta della nuova facciata.
Levata la
pietra sacra, da una connessura è venuto fuori un pezzo di carta,
ingiallatissimo, scritto da una vecchissima calligrafia ancora leggibile.
Scriveva, nel 722, Lorenzo Bossi: questo altare fu fatto da me Lorenzo Bossi,
genovese, abitante in Stato di Milano,
l'anno 1722. E acciò
sia di quachiuno la fortuna
vi dico che dietro questa chiesa vi è una pietra
grossa sotto la quale vi è un ripostino di che sarà di chi caverà tutta detta. pietra, la quale sta poco
sotto terra, cavate che ne troverete il fondo e detta sol pietra vi basterà
per fabbricarvi una casa se avrete denari. Chi ti legge
scaverà denaro, non mi dite male.
E' difficile
fingere di essere dei turisti, quando si è ricercatori di tesori. Sono
nelle chiesa smantellata, che ha tutte le porte aperte, il pavimento
sterrato, una gran-de buca aperta nel mezzo, là dov'era l'ossario. Ecco
l'altare diroccato, i suoi stucchi policromi - bisogna riconoscere che
Lorenzo Bossi tirava via - il muro che mostra il taglio dei mattoni. Un
momento prima ero solo, adesso c'è una cinquantina di persone, che la
san più lunga di me. C'è anche il valletto comunale Tutti tacciono, mi
scrutano, attendono. Se faccio un passo mi seguono, se alzo lo sguardo lo
alzano anche loro. Sto per mettere un piede in fallo, e precipitare
nell'ossario. Sorrido, benché non sia il caso. Come cercatore di tesori
sono piuttosto impacciato. Tutti gli spettatori hanno abiti scuri,
capelli neri, occhi nerissimi. E' venuto da corsa, dalla parrocchia, con
un largo mantello il vecchio parroco», benché un forte raffreddore lo
consigli di starsene riguardato. Il più vicino a me è il maestro
comunale, lo storico di Pietranico, fondata dall'abbazia di
Clemente di Casauria, nell'VII secolo. Se la storia di Pietranico
è tutta qui non è colpa sua. - E' qui che l'hanno trovato
- chiedo a bassa voce. Si. E qui, dove il muro è aperto dal
piccone. Si è trovato un foglio ingiallito. Ora che ho rivelato l'esser
mio di cercatore di tesori, tutti si fanno più espansivi. Prende la
parola il maestro, interloquisce il vecchio parroco, aggiunge preziose
informazioni il valletto, dicono la loro tutti gli altri abitanti. Il
tesoro è sotto il campanile. Sono centinaia e centinaia d'anni che se ne
parla. Io non sono il primo cercatore del tesoro. Prima di me altri ha
cercato, altri ha addirittura scavato, fin dov'era possibile senza
intaccare le fondamenta della torre.
- E non si è mai
trovato niente?
- Niente.
Usciamo dalla
chiesa, io e la popolazione Toccherebbe forse a me di parlare, forse di
far delle proposte, forse di dire: «C'è nessuno che mi dà un piccone?».
Ma il nostro mestiere è, in fondo, il più ozioso del mondo. Non dobbiamo
altro che interrogare. Noi siamo quelli che non sanno niente e vogliono
sapere, i professionisti della curiosità.
- Chi lo avrebbe
nascosto?
- Ma!
- Quando?
- Ma!
E' facile
interrogare; non facile farsi rispondere. Era prevedibile. I tesori amano
il mistero. Questo, se c'è, è andato a nascondersi nella fondamenta di
una torre quadrata, una vecchia torre di pietra bigia, con due campane in
cima. il terreno è in forte pendio, sassoso. C'è un mucchio di fascine.
Nell'aria passa un odor di caldarroste. Una gallina annuncia a tutta
Pietranico che ha fatto l'uovo e che è contentissima di averlo fatto.
«Sta li….»
Feudatari non ce ne sono stati, da queste parti. «Siamo sempre stati
pastori e contadini» rispondono gli abitanti. Di monaci danarosi non si
è mai sentito parlare. Di briganti nemmeno. Eppure del tesoro si è
sempre parlato. Si indica, anzi, il posto preciso. In una delle pietre del
campanile, un rozzo intaglio disegna qualcosa
che assomiglia a un
pettine. «Lì, sta
- dice il valletto comunale - Lì, sotto
lo segno dello spicciatore .Spicciatore, a Pietranico, è il nome del pettine. Il segno è chiaro. Tutta
Pietranico, da secoli, sa cosa sta ad indicare. Anche Lorenzo Bossi,
stuccatore, doveva averne sentito parlare. Ma, coi secoli, i cittadini
hanno perduto la fede nel loro tesoro. Son filosofi. «Un tempo - dice uno
anche mille lire erano un tesoro. Oggi ce ne verrebbe una lira a testa,
perché il segreto è di nessuno, o meglio, è di tutto il paese. Vale la
pena di buttar giù il campanile?»
Un altro fa una proposta: «Scriva che lasciamo il tesoro a chi si
impegna di costruire un campanile nuovo». Su questa proposta gli abitanti
presenti sono subito d'accordo. Solamente uno vuole un'aggiunta: il
campanile nuovo dovrebbe avere la sua brava cuspide, chè il vecchio non
l'ha mai avuta benchè glie l'avessero sempre promessa. Il piccolo
parlamento rusticano, all'ombra della torre, appare soddisfatto. Stiamo
ancora un pò, all'ombra del campanile. nessuno sa più dirmi nulla. Io
non so più cosa domandare. So del denaro nascosto lì, a un passo da noi,
a un metro sotto i nostri piedi, il fascino dell'oro, l'«idea di quel
metallo» non turba questa brava gente. Ero venuto per cercare un tesoro,
e trovo invece della gente che cercherebbe, semmai, il modo di avere un
campanile nuovo. Mi vien voglia di domandare perché.
- Quanto
durerebbero i soldi, caro signore? Siamo in troppi, perché il tesoro, se
c'è, possa arricchirci. Invece un campanile nuovo, un pò più alto, con
una campana nuova si
farebbe vedere e sentire per tutta la valle della Pescara, fino a Torre
dei Passeri, a Caramanico Si
vive fuori del mondo. Qualcuno si ricorderebbe di noi... Una voce di
campana parlerebbe alla vallata d'Abruzzo dal paesello romito.
Al breve tinnio
dell'oro, preferirebbero lo squillo lungo del bronzo. Cara gente, si
può dar loro torto. Si parte
per cercare un tesoro, e si trova l'amore e l'orgoglio per il paese
nativo.
Dolce amore di
campanile, così bello quando è bello, abbiamo trovato soltanto lui, sotto
il segno dello spicciatore. Orio Vergani
<<<
ritorna a paese |